Avevo un blog, anche abbastanza seguito. Poi una pagina Facebook, abbastanza seguita anche quella. Poi ho aperto un canale YouTube, successo moderato. Avevo un account Twitter e un account Instagram, tutti sotto lo stesso nickname. Ora non c’è più nulla di tutto ciò, rimane solamente l’account Instagram perché è l’unico al quale posso cambiare nickname e soprattutto perché Instagram è un social creato per guardare tanto e ciarlare poco.
In molti mi chiedono: perché? Ogni mezzo ha un suo motivo e sono qui apposta per spiegare tutto.
Quando ho aperto il blog, tre anni fa, l’ho fatto per seguire la moda del momento: c’erano molti blog di moda, di make up, di chiacchiericcio vario e mi sono unita anch’io al coro. Il blog negli anni ha preso diverse pieghe, parlavo di diversi argomenti sempre, ma ultimamente erano più i discorsi seri (o pipponi o sermoni come li chiamavano alcuni) ad occupare le pagine del blog; il mio pubblico era molto vario: da chi mi seguiva per le recensioni, a chi per i pipponi, a chi perché avevo un look alternativo, a chi (pochissimi) perché sono abbastanza carina, a chi invece perché era interessato al mio modo di vedere il mondo, un po’ troppo moderno forse. Spesso chi mi seguiva per il make up si annoiava quando parlavo di omosessualità, chi mi seguiva per le ricette era un po’ restio (e scocciato pure) a leggere le mie prediche su diete e sana alimentazione, chi mi seguiva per gli outfit si annoiava quando consigliavo di fare ginnastica. Il blog rifletteva il mio essere: eclettica (o incoerente, come alcuni ignoranti definiscono le persone che sanno di tutto un po’. L’eclettismo di per sé è correlato all’arte e alla scienza, ma a me piace trasporre il significato anche nella vita quotidiana) In un post in particolare mi auto definivo mediocre, non capendo invece che il mio essere mediamente capace in tutto (ma non specializzata in nulla) non è sintomo di mediocrità, ma di eclettismo: qualità sottovalutata e messa ai margini perché l’individuo eclettico non fa parte di nessuna categoria (se non “eclettico” stesso) e quando non fai parte di un gruppo, un po’ come nel periodo dell’adolescenza, vivi ai margini. Tutta la mia vita è così, non ho mai fatto parte di un gruppo, mi sono sempre sentita estranea in ogni luogo e in ogni compagnia e ho sofferto tanto per questo; mi sono obbligata ad essere quella che non ero solo per far piacere al gruppo del momento, sacrificando il mio vero essere. Anche con il blog, alla fine, è andata così: volevo piacere a tutti (e ci riuscivo eh!), ma sentivo di non poter dire tutto, mi sentivo incatenata, alcune parole obbligate con la forza a bloccarsi nelle dita prima di essere battute sulla tastiera e poi mandate indietro, lungo il braccio prima, nella mente poi e infine nel cuore. Che senso ha scrivere un articolo sull’omosessualità e non poter dire “a me piacciono le donne”? Perché quando parlavo di alimentazione non dicevo chiaramente che io sono talmente ossessionata dal prendere chili che mi peso ogni mattina e che se la bilancia segna un +qualcosa, la giornata è totalmente rovinata e ho la luna storta fino a sera? Mi sono resa conto che non serviva a nulla avere un blog se non potevo esercitare pienamente quella che è una delle pochissime cose (forse l’unica) che so fare davvero bene ossia scrivere per far arrivare dritto al cuore di chi legge il mio messaggio: le mie frasi erano troncate, io sapevo benissimo che alcune di quelle frasi avrebbero dovuto continuare ancora e ancora, che mancava la parte emozionale di tutto il discorso, il mio apporto, la mia rabbia, il mio vero io non mascherato dietro un nickname dal sapore volutamente asiatico.
Io non leggo gli oroscopi, ma ho ancora attivo nel mio numero italiano un abbonamento gratuito per l’oroscopo del giorno, attivato quando ancora ero una ragazzina dal pollice veloce sulla tastiera di un vecchio Panasonic; un giorno l’oroscopo in questione mi invitata a scrivere 5 cose delle mia vita per le quali essere grata e di tenere il foglietto sempre a portata di occhi per godere appieno delle gioie quotidiane. Una di queste gioie appuntate era proprio “la mia scrittura”, seguita da “il mio spirito critico” e da qui la riflessione: come potevo gioire di due qualità personali che io stessa mi limitavo nell’esercitare? urgeva quindi un cambiamento, la necessità di chiudere col passato e aprire una nuova pagina (nel vero senso della parola) di vita che mi desse la possibilità di esprimere totalmente il mio pensiero in assoluta libertà: ecco il perché dell’anonimato, ecco il perché di questo blog, ecco perché questo blog si chiama Odio i Blogs (non sopporto il plurale nei termini inglesi, ma la versione al singolare era già occupata su WordPress). Non odio tutti i blog, odio quelli inutili, che non hanno scopo, che sono lì solo per guadagnare follower. Ma ci sarà un articolo al veleno anche per la blogsfera, non preoccupatevi.
Avevo una pagina Facebook, anzi, prima una, poi l’ho chiusa e ho invitato “chi mi volesse seguire” nella nuova pagina, ma sotto sotto la verità era che io non volevo più far parte del mondo dei social network. Ne ho parlato poco sopra: come quando non sento di far parte di un gruppo anche quando sono all’interno del gruppo stesso, mi sono resa conto che io non ero fatta per stare sui social network. Troppo odio, troppa invidia, troppa falsità, troppo bigottismo, troppa ipocrisia, troppa noia e ancora troppa falsità (perché voglio calcare la mano sulla falsità). I social network sono una bella vetrina dove ogni persona è un ottimo visual merchandiser di se stesso; sono un abito firmato addosso ad un barbone sporco e puzzolente; sono una bella torta di compleanno dalla quale esce una coniglietta di 100 kg. E’ il mondo dell’apparenza, dove spopolano le discussioni inutili perché tanto dietro alla tastiera siamo tutti leoni; è tempo perso, tantissimo tempo perso che potrebbe essere utilizzato, come nel mio caso, per esercitare la scrittura e il mio spirito critico. Ecco perché non ci sono più i social nelle mie app sul cellulare e nella mia barra dei preferiti di Chrome: sono il male. Mi sento tanto uno di quei santoni moderni (o forse un prete?) quando dico che i social sono il male della società moderna, ma credetemi che quando ho visto una nonna che non vedeva il suo nipotino da 3 mesi, con gli occhi incollati su uno schermo da 15 pollici, il dito scorrere sul vetro e gli occhi sbarrati mentre il piccolo voleva giocare con lei, mi sono detta “si, questo è il male”. Guardatevi in giro porcamiseria: giovani a tavola durante un pizza, ragazzini al parco, madri sulle panchine; non si parlano più, la gente si parla solamente attraverso uno schermo ed una tastiera perché è più facile, aiuta la gente a comunicare attraverso una realtà mediata, filtrata, abbellita, semplificata; e la gente preferisce quella realtà piuttosto che la fredda, scura e insicura quotidianità perché è più facile e più veloce. Io non voglio farne parte e non voglio affatto contribuire alla rovina della gente per cui semplicemente boicotto i maggiori social e se proprio proprio ho voglia di eclissarmi dalla realtà quotidiana accedo a WordPress e faccio qualcosa di utile: scrivo. E se proprio proprio l’ispirazione manca allora leggo e mi informo, ma il mio tempo, così prezioso per me stessa, non lo butto a leggere bacheche altrui o a intasare di parole e immagini le bacheche di persone che potrebbero fare altro di più utile.
Certo, Facebook e compagnia bella fanno comodo (e voglio ripetere fanno comodo) perché è più facile mantenere i contatti con persone lontane. Troppo comodo: se tenete veramente ad una persona, se vi piace, se non volete perderla di vista ci sono davvero moltissimi altri modi per comunicare (gratuitamente); richiedono magari un po’ più di fatica, per chiedere un numero di telefono ad esempio bisogna rompere determinati schemi che, a causa dei social network, non vi ricordate più come superare. Personalmente alle persone conosciute in rete e che non volevo perdere di vista ho chiesto il numero per parlare su whatsapp, niente di più facile. Oppure c’è anche chi, per richiamare la mia attenzione visto che ero scomparsa dal web, ha scritto un post sul suo blog per trovare un modo di comunicare con me. I modi ci sono, i mezzi pure: usateli, perché i social ormai vi hanno annullato alcune capacità di problem solving.
Grazie e buona giornata.